Il “problema” dell’Alif

Purtroppo in giro vi è molta confusione ed improvvisazione per quanto riguarda l’insegnamento dell’Arabo. Tra gli errori più frequenti ‘generosamente offerti’ ai neofiti, vi è quello relativo al corretto inquadramento dell’Alif nell’ambito dell’alfabeto arabo, nonché delle funzioni che essa svolge.

Vi è infatti la malsana abitudine di associare l’Alif alla nostra “A”, ingenerando perciò il dubbio che si tratti di una vocale… Ma l’Arabo non riporta in grafia se non le consonanti, mentre per quanto riguarda le vocali, si tratta di piccoli segni apposti sopra o sotto le lettere dell’alfabeto, ma che non sono appunto lettere dell’alfabeto.

Per inciso, l’Arabo dispone di soli tre suoni vocalici: u, a, i (da apprendere in quest’ordine, per motivi che il discente poi comprenderà).

Detto questo, è altresì vero che l’Alif ha a che fare col suono vocalico “a”, ma in un modo che non viene ben compreso da vari “docenti” alle prime armi. Essa, funge da una sorta di “promemoria” del suono vocalico lungo “â” (in traslitterazione, l’accento circonflesso, o quello piano, macron, indicano un suono vocalico lungo), nel senso che se una qualsiasi consonante porta il segno della “a” breve ed è seguita dall’Alif, il tutto andrà letto con un suono vocalico lungo “â”.

Ma di per sé, l’Alif non corrisponde ad alcun suono!

Essa, nella numerologia araba, ha valore 1, pertanto, considerati la sua forma “assiale” e il suo valore numerico, si comprende che l’Alif simboleggia il Principio, al di là della “forma”, del “mondo”, il quale invece si manifesta con la Bâ’, la seconda lettera dell’alfabeto arabo (con valore numerico 2…), e precisamente col punto che le sta sotto.

Nell’alfabeto arabo, poi, vi sono altre due lettere che hanno un certa affinità con l’Alif, e trattasi della Yâ’ e della Wâw, chiamate “lettere deboli”, nel senso che in alcune parole subiscono, quando si trovano nella loro radice (perlopiù triconsonantica), varie trasformazioni. L’affinità sta nel fatto che, sebbene rendano graficamente il suono consonantico della “Y” dell’inglese “yes” e della “W” dell’inglese “well”, esse si prestano a svolgere la medesima funzione di “promemoria” di altri due suoni vocalici lunghi, rispettivamente “î” e “û”. Sempre alla medesima condizione vista prima: cioè che la consonante porti il segno “i” o “u”, e sia seguita rispettivamente dalla Yâ’ o dalla Wâw. Ma con un’ulteriore condizione, rispetto a quanto detto per l’Alif: che la Yâ’ e la Wâw non portino alcun segno di vocalizzazione breve, compreso il sukûn (che rappresenta, per una qualsiasi lettera, l’assenza di sua vocalizzazione).

Questa seconda condizione, riguardante solo Yâ’ e Wâw, non riguarda l’Alif per un semplice motivo. Che non rendendo alcun suono, non può esservi un suo utilizzo “consonantico”, come invece può avvenire per le due “lettere deboli”, ad esempio nelle parole yad (“mano”) e wazîr (“ministro”).

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